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"Il Drago e la Saetta" di Marco Pellitteri

Ultimo Aggiornamento: 03/11/2008 12:20
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03/11/2008 12:20
 
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 La Cina sarà anche vicina, ma, per molti versi, il Giappone lo è perfino di più: negli anni, il Paese dei samurai e del sushi è penetrato nel tessuto culturale occidentale in maniera profonda e quanto mai tangibile. Noi, ragazzi di oggi, noi, bambini negli anni Ottanta ed ormai trentenni attempati, cresciuti con Goldrake, L'uomo tigre e Lady Oscar ne sappiamo qualcosa. Senza rendercene conto, abbiamo ingurgitato una caterva di nozioni riguardanti la cultura nipponica difficilmente quantificabile: rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto e a quelle che ci hanno seguito, percepiamo in maniera familiare alcuni aspetti peculiari della tradizione del Sol Levante, al punto da riconoscerli ed eventualmente riprodurli senza difficoltà.
Con il suo Mazinga nostalgia (ed.Castelvecchi), Marco Pellitteri ha già sviscerato adeguatamente l'argomento: attraverso Il drago e la saetta (ed. Tunuè), sua ultima e corposa fatica editoriale, presentata il 19 settembre 2008 presso la Libreria del Porto Antico da Sergio Badino e dallo stesso autore, il giovane sociologo e specialista della comunicazione palermitano, approfondisce ulteriormente l'analisi delle tematiche ricorrenti nell'immaginario giapponese e la loro incidenza e diffusione al di fuori dei confini nipponici, attraverso un testo accademico che, senza altri esempi sul mercato letterario, si avvale di un'enorme quantità di dati empirici.
Il titolo del volume fa riferimento a due momenti peculiari dell'invasione con gli occhi a mandorla. Il Drago corrisponde al ventennio tra il 1975 e la metà degli anni Novanta, quando il Giappone "decise" di proporre in Occidente la propria cultura di massa ed alcuni suoi stili di vita rivestendoli di elementi noti al pubblico extra-asiatico, al fine di renderli più accettabili. Basti pensare ai tanti cartoni animati a tema sportivo: «Il baseball o il calcio non sono certo sport appartenenti alla cultura nipponica, eppure i giapponesi, per anni, si sono presentati a noi come fini conoscitori di quelle discipline: si sono resi credibili», spiega Pellitteri.
La Saetta, invece, copre l'arco di tempo compreso tra la fine dell'ultimo decennio del secolo e i giorni nostri: presa coscienza dell'avvenuta familiarizzazione del pubblico occidentale con le tematiche nipponiche (grafica, umorismo, narrazioni), le strategie di distribuzione dei prodotti made in Japan si sono affinate, giapponesizzando molti aspetti della vita quotidiana occidentale. Basti pensare alla moltitudine di gadgets kawaii, dalle magliette ai tostapane, ispirati all'estetica giovanile nipponica, oppure all'influenza estetica che i pop-idols giapponesi stanno esercitando sul panorama musicale occidentale: il fenomeno emo e i Tokyo Hotel in primis non sono altro che una sorta di rigurgito formale del visual-k nippocoreano.
Le due fasi sono state caratterizzate da una chiara evoluzione estetica delle tematiche esportate e delle modalità con cui sono state trasmesse. Ciò che è rimasto immutato nel tempo è il veicolo attraverso il quale hanno varcato la dimensione occidentale: negli anni, cartoni animati (anime) e fumetti (manga) si sono rivelati un mezzo veloce, puntuale e affidabile nel processo di trasmissione globale delle informazioni. Tali prodotti massmediologici costituiscono la massima espressione della pop culture giapponese e si muovono di gran carriera nel circuito transnazionale della cultura.
La visione generalista che l'Occidente ha della realtà nipponica saltabecca tra due monadi contrastanti: da un lato, il Giappone è ritenuto la culla di una tecnologia estremamente sofisticata che si sposa senza apparenti difficoltà ad una tradizione culturale basata sulla ritualità degli schemi e sulla sacralità di un passato divinizzato; dall'altra parte, ai giapponesi viene costantemente "rimproverata" la reiterata propensione all'imitazione dei vernacoli stranieri e l'aderenza ad uno stile di vita che, sovente, costringe l'individuo in schemi sociali alienanti. In poche parole, il Giappone affascina indubbiamente i gaijin, gli stranieri, per la ricchezza delle sue tradizioni, ma viene guardato con sospetto e perfino con fastidio quando queste, pur mediate, si insinuano in Occidente.
Quando, intorno alla metà degli anni Settanta, i palinsesti televisivi italiani iniziarono a proporre al pubblico prodotti che, per aspetto e contenuti, ben poco avevano a che fare con quelli realizzati da Disney e Hanna & Barbera, la penetrazione giapponese nell'immaginario collettivo nostrano aveva già raggiunto un importante obiettivo: «L'esercito di robot, maghette e di orfani dagli occhi giganteschi era arrivato per riempire il grosso vuoto narrativo di quegli anni», spiega ancora Pellitteri. «Non esistevano più validi modelli letterari per l'infanzia e i racconti degli anime non facevano altro che riproporne di vecchi in chiave completamente nuova. I vari Remi, Heidi e tutta la schiera di giovani protagonisti dei cartoni animati del tempo riprendevano temi cari alla letteratura per ragazzi di stampo ottocentesco, come il conflitto generazionale coi padri e la maturazione personale, filtrati, però, attraverso una sensibilità assolutamente diversa da quella occidentale. In termini di novità, ai tempi, un cartone giapponese stava ad un prodotto disneyano come, al momento della sua pubblicazione, I ragazzi della via Pal stava al Cuore di De Amicis».
Niente più bambagia ed edulcorazioni, nessuna netta divisione del mondo in "buoni" e "cattivi", ma la proposizione di situazioni mature e venate da un realismo quasi dickensiano. Tanta sfrontatezza parve spaventare i benpensanti del tempo e, da allora, è sempre parso lecito associare il Giappone a prodotti di comunicazione di massa di scarsa qualità, quasi al limite della diseducazione: «Non credo che cartoni e fumetti nipponici abbiano creato danni visibili», aggiunge Pellitteri.
Al contrario, hanno consentito un più semplice avvicinamento della cultura occidentale a quella orientale, seppure ciò sia avvenuto attraverso forme curiosamente stereotipate. Grandi personalità del mondo della comunicazione, basti pensare a Frank Miller per il fumetto o a Quentin Tarantino per il cinema, hanno recepito adeguatamente il messaggio, creando ibridi intercontinentali di indubbia qualità.

di Stefania Pilu (Teardrop) - www.mentelocale.it

Marco Pellitteri
Il Drago e la Saetta
Modelli, strategie e identità dell’immaginario giapponese


Prefazione di Kiyomitsu Yui
Con un saggio di Jean-Marie Bouissou
Interveti critici di: Gianluca Di Fratta, Cristiano Martorella, Bounthavy Suvilay

Tunué, 2008 – Collana «Esprit» n. 1
cm. 15x23; pp. 400; ill. b/n
copertina 4 colori, plastificata opaca con stampa UV; rilegato filo refe

Euro 25,00
ISBN-13 GS1 978-88-89613-35-1


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